Frattura Omero Prossimale - Dott. Damiano Rullo

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L’omero è un osso che forma lo scheletro del braccio. La sua parte prossimale si articola con la cavità glenoidea della scapola per formare l’articolazione della spalla (articolazione glenomerale) permettendo ampi movimenti dell’omero su tutti i piani, in particolare flessione, estensione, abduzione, adduzione, rotazione esterna, rotazione interna e circonduzione. Le strutture principali dell’omero prossimale sono:

  • Testa dell’omero
  • Collo anatomico
  • Collo chirurgico
  • Grande tuberosità (in cui si inseriscono i tendini sovraspinoso, sottospinoso e piccolo rotondo)
  • Piccola tuberosità (in cui si inserisce il tendine sottoscapolare)

Tra le due tuberosità è presente il solco bicipitale o intertubercolare, in cui passa il tendine del capo lungo del muscolo bicipite brachiale.
La frattura dell’omero prossimale è una lesione comune negli anziani ed è la terza frattura più frequente nei pazienti di età superiore ai 65 anni. Le donne sono maggiormente colpite rispetto agli uomini con un rapporto di 2:1. Tale tipologia di frattura è causata da traumi ad elevata energia (traumi diretti o incidenti sportivi o stradali) o traumi a bassa energia (come ad esempio delle semplici cadute), o derivano da particolari condizioni patologiche ( osteoporosi, cisti ossee, carenze di vitamina B, osteomielite,tumori ossei ...)  I pazienti con una frattura prossimale dell’omero lamentano dolore alla spalla, con impossibilità ad alzare l’arto coinvolto o a caricare dei pesi. Nella maggior parte dei casi il trattamento è di tipo conservativo (non chirurgico) realizzato attraverso una iniziale immobilizzazione dell’arto con un tutore e successiva riabilitazione fisioterapica a seguito del consolidamento della frattura. In una minoranza di casi, quando le fratture risultano essere più gravi e complesse, viene indicato l’intervento chirurgico.
Le classificazioni più utilizzate nell’ambito della frattura dell’omero prossimale sono principalmente due.
La classificazione di Neer si basa sul grado di coinvolgimento e spostamento dei quattro principali segmenti di frattura visibili su radiografie o durante l'intervento chirurgico. Tali segmenti sono: la testa dell’omero, la grande tuberosità (trochite), la piccola tuberosità (trochine) e la diafisi omerale (corpo). La frattura si considera scomposta se due frammenti si allontanano di oltre 1 cm o se un frammento presenta una rotazione maggiore di 45° rispetto ad un altro.


  • Frattura 1: può coinvolgere da uno a quattro frammenti e nessuno di questi è spostato
  • Frattura 2: può coinvolgere da due a quattro frammenti e uno solo di questi è spostato
  • Frattura 3: può coinvolgere da tre a quattro frammenti e due di questi sono spostati
  • Frattura 4: sono coinvolti tutti e quattro i frammenti e tre sono spostati
Frattura dell’Omero: i Sintomi

I tipici sintomi e segni di una frattura dell'omero sono:
  • Dolore al braccio;
  • Difficoltà a muovere il braccio;
  • Gonfiore al braccio;
  • Ematoma sul braccio di dimensioni variabili;
  • Presenza di suoni anomali, simili a crepitii, durante i movimenti del braccio interessato.


Se la causa della frattura ha pregiudicato anche la buona salute dei nervi passanti per il braccio (es: nervo radiale, nervo ascellare ecc.), si assiste a una perdita della sensibilità cutanea e/o del controllo muscolare, in una parte dell'arto superiore.
Se il fattore scatenante la frattura ha apportato anche una lesione ai vasi sanguigni del braccio (es: arteria brachiale), il paziente è vittima di un ridotto afflusso di sangue all'avambraccio e soprattutto al polso.
Infine, se la frattura è scomposta, il braccio presenta una deformità più o meno accentuata e l'individuo vittima dell'infortunio ha serie difficoltà a piegare il gomito.

Il dolore derivante da una frattura dell'omero è immediato, nel senso che compare subito dopo l'infortunio.
La sensazione dolorosa è così intensa che la persona infortunata fatica a compiere anche il minimo movimento con il braccio interessato.
Per quanto concerne l'ematoma, invece, questo segno caratteristico è osservabile soltanto a distanza di 24-48 ore dall'infortunio. Le dimensioni di un ematoma derivante da una frattura dell'omero variano in relazione alla gravità del suddetto infortunio.

Una frattura ossea può essere composta o scomposta, stabile o instabile, semplice o pluriframmentaria, chiusa o aperta ecc.
In genere, le fratture dell'omero meno gravi sono quelle composte, stabili, semplici e chiuse, mentre le fratture dell'omero più gravi sono quelle scomposte, instabili, pluriframmentarie e aperte.

Diagnosi Frattura dell'Omero

In genere, l'iter diagnostico a cui sono sottoposti i pazienti con una sospetta frattura dell'omero prevede: un accurato esame obiettivo, un'attenta anamnesi e una serie di esami di diagnostica per immagini.
Il ricorso alla diagnostica per immagini è fondamentale per confermare qualsiasi sospetto relativo alla presenza di una frattura ossea.

L'esame obiettivo è l'insieme di "manovre" diagnostiche, effettuate dal medico, per verificare la presenza o assenza, nel paziente, dei segni indicativi di una condizione anomala.
In caso di sospetta frattura dell'omero, l'esame obiettivo ha per oggetto, ovviamente, il braccio dolente e prevede almeno due "manovre" diagnostiche: la ricerca di un qualche ematoma, gonfiore o deformità e una valutazione della capacità di movimento.
L'anamnesi è la raccolta e lo studio critico dei sintomi e dei fatti d'interesse medico, denunciati dal paziente o dai suoi familiari (N.B: i familiari sono coinvolti, soprattutto, quando il paziente è piccolo).


  Gli esami di diagnostica per immagini ideali per rilevare una frattura dell'omero sono:

  • I raggi X: è un esame pratico, che mostra chiaramente, su una lastra fotografica, le caratteristiche di una frattura ossea. E' possibile  capire se una frattura dell'omero è composta, scomposta, stabile, instabile, aperta ecc.
    Seppur indolore, è da considerarsi minimamente invasivo, in quanto la sua esecuzione prevede l'esposizione del paziente a una piccola dose di radiazioni ionizzanti nocive per l'essere umano.
  • La TAC: è un test che fornisce immagini tridimensionali degli organi interni, ossa comprese. Le immagini sono molto chiare e presentano particolari che i raggi X non riescono a cogliere come e un eventuale interessamento dei nervi del braccio o dei vasi sanguigni.
    I medici ricorrono alla TAC solo se strettamente necessario, in quanto l'esame in questione, seppur totalmente indolore, prevede l'esposizione del paziente a una dose non trascurabile di radiazioni ionizzanti nocive per l'essere umano.
  • La risonanza magnetica nucleare (o RMN): grazie alla creazione di campi magnetici, una RMN fornisce immagini dettagliate dei tessuti molli (legamenti, tendini ecc.) e duri (ossa), situati nella regione anatomica sotto indagine. Del tutto indolore, è anche un test completamente privo di invasività, in quanto i campi magnetici, che servono alla creazione delle immagini, non sono affatto dannosi per la salute dell'essere umano.

Terapia

Gli sviluppi tecnologici degli ultimi anni, non hanno granché modificato l’approccio alla gestione del paziente con frattura di omero prossimale ma, essendosi molto ampliate e perfezionate le offerte terapeutiche, sono cambiati i modi e l’uso di strumenti e sistemi terapeutici.
Per  questi motivi, la frattura di omero prossimale deve essere risolta in modo accettabile e tollerabile offrendo le più ampie possibilità di ripresa dello stile di vita precedente.


Trattamento non operatorio

La scelta di questo tipo di approccio è valida quando la frattura è solo minimamente dislocata. In passato è stato il cardine del trattamento per le fratture dell’omero prossimale, non avendo molte alternative come ci sono oggi.
Un altro motivo di scelta, è quando si ritiene che l’intervento chirurgico comporterebbe un rischio maggiore per il paziente e uno scarso risultato dovuto alla qualità dell’osso scadente e in presenza di severe patologie concomitanti correlate. Vi sono alcune patologie generali che inficiano molto lo stato di salute del paziente compromettendo in modo più o meno sensibile sia l’atto terapeutico che la convalescenza post operatoria e tale evenienza si verifica maggiormente nei pazienti anziani.
La frattura di omero prossimale, quando può essere trattata in modo incruento con una immobilizzazione specifica, è sempre seguita da una mobilizzazione precoce .

Sistemi di immobilizzazione di spalla:

  • Immobilizzazione alla Desault (rigida con gesso/materiale sintetico o molle)
  • Immobilizzatore spalla preconfezionato

Questi dispositivi consentono vari gradi di blocco della spalla. La scelta varia secondo il tipo di frattura e la costituzione del paziente. E’ buona norma mettere un cuscinetto morbido di cotone o similare nel cavo ascellare per evitare fastidiosi sfregamenti pelle.
Quando si decide per un trattamento conservativo non chirurgico, i risultati possono essere anche più soddisfacenti del previsto con una buona funzione dell’arto.
Circa l’80% delle fratture di omero prossimale sono minimamente scomposte o in buona posizione per cui possono essere trattate con approccio non chirurgico. In qualsiasi momento, tuttavia, bisogna sempre tener presente questi fattori discriminanti la scelta terapeutica:

  • Età
  • Tipo di frattura
  • Spostamento della frattura
  • Qualità dell’osso
  • Dominanza dell’arto
  • Condizioni generali di salute
  • Lesioni concomitanti

A seguito della rimozione dell’immobilizzazione, il paziente potrà iniziare il percorso di fisioterapia, inizialmente attraverso delle mobilizzazioni passive, per passare poi a mobilizzazioni attive e aumento del carico. Il fisioterapista in questo contesto aiuterà il paziente a:

  • Recuperare l’articolarità della spalla
  • Recuperare la forza muscolare dell’arto attraverso specifici esercizi per l’arto superiore
  • Rispristinare la corretta funzionalità dell’arto grazie ad un training propriocettivo
  • Recuperare il completo range di movimento dell’arto per permettere al soggetto un rapido ritorno alle normali attività quotidiane precedentemente svolte

Nel periodo di riabilitazione e nelle fasi successive è utile il supporto di un tutore per la spalla al fine di aiutare il soggetto nello svolgimento dei movimenti durante le sue normali attività.
Il trattamento di tipo chirurgico, invece, è indicato nei casi di fratture instabili o scomposte che rappresentano il 15-20% di tutte le fratture dell'omero prossimale. L’obiettivo dell’intervento è quello di alleviare il dolore, ripristinare la normale anatomia della porzione prossimale dell’omero e garantire una stabilità articolare al fine di ottimizzare la funzionalità dell’arto. Esistono diverse tecniche chirurgiche che possono essere utilizzate e che il chirurgo ortopedico sceglierà sulla base delle caratteristiche della frattura e del paziente. Nello specifico troviamo:

  • Il pinning percutaneo: è una tecnica minimamente invasiva utilizzata nei casi di fratture di complessità lieve. Il chirurgo introduce i fili di Kirschner per via percutanea stabilizzando la frattura e rimuovendoli successivamente dopo alcune settimane. Questa tecnica permette una dissezione minima dei tessuti molli della spalla con il vantaggio di ridurre la possibile rigidità e la formazione di una cicatrice, consentendo eccellenti risultati funzionali dopo la guarigione della frattura.
  • L’osteosintesi con chiodo endomidollare: è indicata nelle fratture del collo chirurgico e in quelle combinate con la diafisi (corpo) dell’omero. Questo viene inserito nel canale midollare dell’omero e viene successivamente stabilizzato attraverso delle viti. Il chiodo è indicato per preservare l'afflusso di sangue e ridurre al minimo le lesioni dei tessuti molli indotte chirurgicamente. La principale limitazione di questa tecnica è che il punto di inserimento del chiodo è vicino all'inserzione della cuffia dei rotatori e questo potrebbe influenzarne il movimento e i risultati funzionali.
  • L’osteosintesi con placca e viti: è una tecnica più invasiva delle precedenti ma che permette di ripristinare la corretta anatomia dell’articolazione della spalla. È utilizzata nei casi più complessi e nei pazienti giovani con elevate richieste funzionali.
  • L’emiartroprotesi: è una protesi anatomica in cui viene sostituita la testa dell’omero ma non la glena della scapola. La protesi può essere impiantata nelle fratture complesse dell’omero per evitare la necrosi avascolare della testa dell’omero, oppure quando il paziente presenta una scarsa qualità ossea, quando potrebbe esserci una potenziale perdita della fissazione, quando vi è il rischio di mancato consolidamento o la presenza di scarsi risultati funzionali in seguito ad altre operazioni chirurgiche.
  • La protesi inversa: è utilizzata quando vi è una lesione irreparabile della cuffia dei rotatori, è presente una frattura complessa con un numero di frammenti particolarmente elevato e/o vi è un’artrosi nei pazienti anziani. In questa tipologia di protesi viene cambiata l’anatomia delle superfici articolari, spostato il centro di rotazione e vi sarà una sostituzione funzionale della cuffia dei rotatori con il muscolo deltoide.


Durante l’intervento chirurgico, ci si avvale di apparecchi radioscopici per guidare ed ottimizzare le procedure di riparazione. L’impianto protesico (emiartroprotesi, protesi inversa) è necessario solo in quei casi dove l’osso è rotto così tanto che una riparazione con mezzi di sintesi non è possibile.
Quando si impianta una endoprotesi bisogna anche fare attenzione a ricollegare tutti i frammenti con i relativi tendini della CDR (cuffia dei rotatori) all’impianto. L’Endoprotesi può essere utilizzata come una valida opzione per alleviare il dolore nelle persone con fratture scomposte in 3 e 4 parti.
Vi sono condizioni in cui anche l’endoprotesi non è indicata per scarsa probabilità di guarigione. Sono questi i casi di soggetti anziani con un osso molto osteoporotico e di bassissima qualità con comminuzione dei frammenti. Con queste caratteristiche, il ricollegamento dei frammenti sulla endoprotesi non è possibile né suscettibile di guarigione per cui si opta per altra soluzione. La Protesi Inversa di Spalla è, in questi casi, la soluzione ideale. Negli ultimi anni leaziende hanno prodotto sistemi protesici sempre più perfezionati al punto che la percentuale di protesi inversa è molto aumentata. Sebbene rappresenta una procedura tecnicamente molto impegnativa, l’utilizzo di una protesi inversa (RSA) è a volte la scelta migliore per alcuni anziani pazienti.

Dopo l’intervento chirurgico è di fondamentale importanza iniziare un percorso di riabilitazione il più precocemente possibile, al fine di evitare una eventuale rigidità dell’articolazione. La fisioterapia ha come obiettivi fondamentali quelli di aiutare il paziente a gestire il dolore alla spalla, recuperare il completo range di movimento dell’arto superiore, lavorare sul rinforzo muscolare, ripristinare la corretta meccanica dell’arto superiore per tornare rapidamente allo svolgimento delle attività quotidiane e sportive. Per raggiungere tali traguardi il fisioterapista si avvale di mobilizzazioni, esercizi specifici e training neuromuscolare e propriocettivo, programmando il percorso riabilitativo sulla base delle peculiari caratteristiche dei singoli soggetti.
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